Sistemazioni idraulico forestale
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 SISTEMAZIONE IDRAULICA-FORESTALE

          La tutela e salvaguardia dell’ambiente passa attraverso la formazione di una forte coscienza ambientale che garantisca una efficace protezione dei valori naturalistici, tanto preziosi quanto fragili. Essa è ormai una condizione essenziale per la sopravvivenza stessa dell'uomo e in ogni caso rappresenta una garanzia per consentire una qualità della vita a livelli accettabili.

          L'uomo nel corso dei secoli si è nutrito del benessere derivante dalla natura, ha guardato sempre con massimo rispetto verso le sue manifestazioni, anche nelle sue espressioni più severe, perché da sempre è stato consapevole che essa crea le cose meravigliose e quando vuole le modifica a suo piacimento. Oggi questi valori sono quando l'uomo interviene con depauperamenti indiscriminati, ecco, allora i risultati sono disastrosi e le conseguenze imprevedibili. Tutti dovremmo adoperarci di disastri ambientali difficilmente quantificabili a breve termine, in quanto determinano una progressiva desertificazione del territorio, ne modificano irreversibilmente il clima e l'ambiente, influendo in modo estremamente negativo nella difesa idrogeologica, in particolare dei bacini montani, irrinunciabile per la conservazione naturalistica del territorio.

          Le problematiche tecniche che interessano la salvaguardia dell’ambiente, più delle volte non vengono prese nella giusta considerazione, sia nella trattazione diretta che nell’esposizione   dibattimentale, quando questa viene fatta attraverso i mezzi di informazione, i quali, archiviato  il momento storico relativo ad un determinato accaduto, più delle volte non ne curano l’approfondimento in modo appropriato, sia con chi ha conoscenze ed esperienze dirette che con chi è in prima persona interessato all’accaduto.  A volte, anche noi appartenenti al Corpo Forestale, sentiamo certi fatti “distanti” come dire, vicende di  interesse integrativo non primario, alla molteplicità di attribuzioni che ci competono, forse dimenticando la definizione tecnica, propria del Corpo.

          E’ lettura di tutti i giorni, in particolar modo nel periodo invernale, di ciò che accade in tante regioni d’Italia a rischio di dissesti idrogeologici ed è ancora  vivo nelle nostre menti, il dramma della povera gente colpita dalle  alluvioni.  

          Puntualmente  ampi territori valligiani vengono travolti dalle “colate” di  fango che come un fiume in piena,  scende dai monti circostanti ed   investe i centri urbani, portando lutto e disperazione. Succede che l’acqua provocata dalle forti piogge, non trovando al suolo un’idonea regimazione che ne possa regolare il normale deflusso, si  infiltra e  raggiunge lo strato impermeabile, imbevendo il terreno superficiale, che così gonfio d’acqua,  scivola a valle, con le caratteristiche di un vero e proprio fiume di fango. 

          Come sempre, in occasione di questi particolari eventi catastrofici, viene fuori la classica consuetudine “italica” di pensare e dibattere le problematiche “post factum”, ovvero dopo che succeda l’irreparabile. Ed ecco che ci siamo  abituati a vedere sfilare davanti ai microfoni i vari “ esperti”  in  disastri. Ci siamo abituati a leggere sui giornali le opinioni e i rimedi. Tutti a volere spiegare le cause e i perché dell’accaduto, a volte senza giusta cognizione dei fatti e ancora più grave, senza la benché più minima  conoscenza delle  entità titolate  a trattare con competenza il fenomeno. Guai a cadere in questo perverso meccanismo. Tutti alla caccia dei colpevoli  di turno, come a volere cercare un alibi, una liberazione di coscienza, e nel mentre scorrono fiumi di parole, la povera gente soffre e quasi si rassegna alla precarietà quotidiana che sarà chiamata ad affrontare, visto  che in Italia non c’è niente di più stabile  del precario. 

          Queste circostanze, più delle volte,  portano la gente di buon senso ad effettuare qualche riflessione ed a porsi qualche domanda. Si poteva evitare? Certamente, rispondere diventa arduo. Tuttavia, pur con la dovuta diffidenza, si dovrà sperare  che quanto accaduto non dovrà più a ripetersi.

          La base primaria che porta al verificarsi di tali fatti imprevedibili e funesti, va attribuita, certamente alla natura  litologica dei terreni affioranti che obbiettivamente, in occasione di eventi meteorici straordinari, perdono la loro stabilità, in quanto dotati di scarsa o inesistente copertura arborea e si trascinano a valle, causando lesioni eccezionali alle persone ed alle cose, modificando gli aspetti morfologici di vaste aree. Comunque, affinché almeno si limitino tali  danni, dovrebbe essere posto in opera, il principio fondamentale che sempre ha dato eccellenti risultati: la prevenzione. Va innanzi tutto precisato che le varie forme di prevenzione debbono avere sempre per base, una buona conoscenza delle cause scatenanti di questi fenomeni, attraverso un attenta rilevazione delle aree territoriali che rappresentano caratteristiche tali da considerarsi a rischio frane, in modo da poterli meglio prevenire e combattere, o quanto meno renderli almeno più governabili e pertanto, portatori di guasti più o meno accettabili per la collettività. Conoscere tali complesse problematiche ambientali, vuole significare essere in possesso di una lunga esperienza tecnica in fatto di sistemazione dei bacini montani, che peraltro, dove sottoposti a vincolo idrogeologico, dovrebbero in gran parte essere trattati per competenza dal personale del Corpo Forestale, il quale è un’istituzione con precise caratteristiche tecniche di gestione e vigilanza riguardante la difesa e stabilità idrogeologica montana, con obbiettivo la salvaguardia e tutela dell’ambiente più in generale, avendo anche a dote le funzioni di polizia  che utilizza nell’espletamento delle proprie mansioni.

          Considerata la precarietà del territorio che tende a disgregarsi e a compromettere l’assetto idrogeologico, a causa dei continui assalti che esso subisce, sia leciti che illeciti, sarebbe opportuno  che il potere legislativo, per come oramai auspicato da tutte le parti, mettesse mano ad una nuova legge speciale di tutela dei boschi e dei terreni montani, che tenga conto delle mutate esigenze che il momento storico comporta, in quanto  le ultime produzioni legislative, nazionali e regionali che interessano la tutela del territorio, si intrecciano con vari aspetti che sono specifici di altri settori, nella fattispecie con leggi urbanistiche, paesistiche, di protezione ambientale, parchi e riserve che certamente contribuiscono alla difesa del suolo ma hanno anche sfumato il valore specifico da riconoscere alle sistemazioni montane, creando a volte profonda confusione tra gli operatori del settore. Non ultimo, all’interno di un eventuale atto legislativo, è importante l’individuazione precisa degli Enti ai quali dovranno affidarsi queste specifiche competenze. 

          Per frenare il fenomeno del disgregamento del terreno, basta un buon controllo delle acque, consistente nel regolarne il normale deflusso, così da evitare il verificarsi di erosioni, alluvioni, smottamenti e frane. Questo come dicevamo sopra, si ottiene attraverso la realizzazione di opere mirate che prevedano in particolare l’impianto di boschi, i quali oltre ad evitare gravi forme di dissesto, svolgono altre funzioni di grande interesse: economico e ricreativo. Basti pensare che il bosco ha rappresentato in passato e tuttora una considerevole fonte di sostentamento e di reddito per le popolazioni di montagna, nonché di svago e ricreazione per tutti. Purtroppo, come quasi sempre accade tali prerogative vengono prevaricate dalla miriade di leggi e regolamenti di cui accennavamo sopra che a volte si sovrappongono tra loro, implicando Enti diversi che sconoscono le varie problematiche del territorio, il chè certamente a volte non è cosa utile  per il bene dell’ambiente.  Da quanto detto risulta chiara la necessità di assicurare la predisposizione di idonee opere di sistemazione idraulico-forestali, in  particolare nelle aree tormentate e a forte pendenza, dove è più probabile il verificarsi del dissesto idrogeologico, causato sempre dalle forti precipitazioni meteoriche, sottoforma di pioggia, neve e grandine, le quali non trovando idonea copertura arborea sul territorio, a secondo della loro forza di impatto con il suolo, causano consistenti fenomeni di dilavamento, erosione e frane. Certamente, più il terreno è boscato, minore è il rischio che tali eventi vengano a crearsi, pertanto a tale scopo, dopo avere effettuato su tutto il bacino di intervento gli appropriati interventi di sistemazione strutturale, diventa di primaria importanza, passare ad una consistente opera di rimboschimento o cosiddetta opera di difesa forestale . Ecco ciò premesso, conoscendo le necessità e i rischi del territorio dove operare, bisognerebbe approntare  i veri e propri interventi di ingegneria idraulica con caratteristiche preventive, consistenti nella realizzazione di idonee opere intensive, opere estensive e complementari o sussidiarie, le quali vengono posti in essere, allo scopo di migliorare la tenuta del bacino idrografico, così da contribuire positivamente alla ottimale sistemazione montana.

          Le opere intensive, sono finalizzate al consolidamento dei versanti, attraverso la sistemazione sul posto di  graticciate, gabbionate, muretti di contenimento, costruzione di briglie etc. Le graticciate, vengono realizzate preferibilmente con paletti e verghe di castagno che intrecciate tra di loro e sistemate trasversalmente sui fianchi del pendio, hanno il compito di non fare scivolare e di trattenere il terreno. Le gabbionate, sistemate lungo le sponde o all’interno dei torrenti, consistono in un raggruppamento di pietre più o meno squadrate, trattenute assieme da un robusto filo di ferro che viene fissato al terreno. La mobilità e la consistenza di tale struttura posta sul terreno, rappresenta come vantaggio, il fatto che l’acqua filtrando dagli interspazi non può creare erosione  e quindi non vi è  trasporto a valle di materiale solido. Come per le gabbionate, i muretti di contenimento, vengono realizzati ai bordi dei torrenti o di stradelle a rischio, con pietrame preso dal posto  allo scopo di contenere e trattenere il terreno, in modo che non scivoli via. Infine le briglie che svolgono una importantissima opera di regimazione e controllo delle acque.  Nei torrenti vengono costruite come ostacolo alla pendenza e velocità dell’acqua e contestualmente finalizzate ad irrobustire le sponde ed intrattenere il materiale solido a monte.

          Le opere estensive consistono nella preparazione del terreno con le finalità del rimboschimento, passando attraverso la realizzazione di terrazze, gradoni, inerbimenti e cespugliamenti.

          Le opere sussidiarie corrispondono a vere e proprie strutture che prevedono anche l’impiego di mano d’opera e cioè stradelle di servizio, chiudende, ricoveri rurali, prese di approvvigionamento idrico e quanto altro possa contribuire al caso.

          I sopradescritti interventi, realizzati in forma preventiva, certamente vanno integrati con le norme di comportamento che assume l’uomo nel suo rapporto con l’ambiente. Esso deve sempre operare in forte sinergia con il territorio,  nella consapevolezza che l’interesse dell’uno è subordinato alla salvaguardia dell’altro, come a sembrare un legame simbiotico. Quindi la presenza dell’uomo deve essere discreta e nel massimo rispetto delle esigenze dell’ambiente, senza creare lacerazioni, limitandone e controllandone gli interventi  che via via devono essere aggiornati , perfezionati e costantemente sorvegliati, in modo da intervenire prontamente nel caso di bisogno e tenendo sempre presente che il benessere e la sicurezza delle popolazioni di pianura, passa attraverso la tutela e  la conservazione dei territori montani.

          Bisogna, inoltre, stimolare e far crescere nell’uomo ed in particolare nei giovani, l’esaltazione delle funzioni e dei valori naturalistici dei boschi, la cultura dell’ambiente e del rispetto per il territorio che in fondo è la sola condizione essenziale indispensabile per la salvaguardia della natura e quindi il miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo.

 

                                                                                                       Vincenzo CRIMI

                                                                                   Commissario Superiore del Corpo Forestale