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Il rifugio forestale di “Monte Maletto”

TERRITORIO ETNEO DI MALETTO: IL RIFUGIO FORESTALE MONTANO DI “MONTE MALETTO”

Testo a cura di Enzo Crimi – già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Siciliana, saggista, divulgatore ambientale e naturalista, esperto di problemi del territorio.

Nella parte sommitale occidentale etnea, ad ovest di Monte Maletto, all’interno di un bosco ricco di pini, faggi e ginestre, la mano sapiente dell’uomo, complice un ambiente ancora incontaminato, ha saputo realizzare un manufatto di grande attrattiva. Incastonato in un pianoro naturale e visita obbligata per tutti i gitanti appassionati di questo territorio, troviamo il “Rifugio forestale di Monte Maletto”, frequentato da tantissimi escursionisti che trovano in esso un punto base per le passeggiate di alta quota che portano verso l’estremo limite di vegetazione arborea del vulcano più alto d’Europa. Questo rifugio, per la sua posizione geografica, per la pregevole fattura della struttura, per la sua ubicazione all’interno di una zona boschiva ben conservata, ma anche per le sensazioni intime ed indescrivibili che offre al gitante, da tanti anni rappresenta come un punto di riferimento per gli escursionisti che vogliono godere del paesaggio occidentale etneo e può senza dubbio definirsi come massima espressione del connubio natura – uomo. Per immergersi nel verde contemplativo a contatto con la natura, basta essere soltanto dotati di poca fantasia e si può arrivare a violare “l’anima pura” dell’incantevole bosco di Monte Maletto che non conosce la voce dei motori, ama la quiete profonda dell’ambiente circostante e ispira al frequentatore dotato di animo ascetico, un senso di benessere e serenità che resteranno impressi a lungo nell’anima.

Il rifugio forestale di “Monte Maletto” è aperto e libero al pubblico e a tutti coloro che lo rispettano e lo sanno apprezzare, visitarlo è una sensazione unica e al bisogno, può assicurare un concreto riparo dalle intemperie. Realizzato in modo austero é in grado di assicurare una sicura permanenza, anche notturna, e consentire agli escursionisti un momento relax di grande suggestione nella sensibilità ambientalista dell’uomo, il quale dovrà impegnarsi a rispettarlo e difenderlo dalle azioni inconsulte e dannose che esso stesso può causare. Dunque, un rifugio forestale per l’utilizzo al bisogno, non ci sono guardiani né addetti alle pulizie, tutto viene lasciato a discrezione dei propri fruitori, nella buona osservanza di norme di civile convivenza, magari non scritte ma sempre utili nell’interesse comune, ovvero, si trova e si lascia ordinato e pulito. Molto frequentato dai gitanti, si armonizza con il paesaggio circostante, dove si possono ammirare alcuni elementi di grande pregio naturalistico, sia dal punto di vista vegetazionale che faunistico, infatti in questa zona, posta a circa 1800 metri di quota slm, non è difficile fare la conoscenza diretta di conigli, lepri, gatti selvatici, istrici, volpi, donnole e persino martore. Ci sono mille motivi per salire fin lassù, ed in particolare, per scappare dalla vita caotica e frenetica della città, in cerca di scenari naturali e autentici e la pace dell’animo. Quando il visitatore è lassù a passare la notte, sappia che è un rifugio semplice e spartano, non cerchi le comodità cittadine, non sia troppo pigro da non alzarsi e perdere così un’alba che dopo aver innondato di luce Monte Maletto, s’infila quasi di striscio tra gli alberi di faggio e pino. La sera non sia troppo stanco e affamato da restare seduto dentro a tavola ma si goda il calar del sole e il dolce passaggio dal giorno alla notte. Se incontra il cattivo tempo, non si perda il temporale montano estivo, fatto di un composto caos, tra rumori assordanti e mille luci, per poi come d’incanto veder apparire il sole e poter respirare quell’aria fresca di “Madre terra” che lo laverà dentro. Anche solo per uno di questi momenti vale la pena di salire al rifugio di Monte Maletto. Dopo aver vissuto queste sensazioni, l’escursionista tornerà un po’ più ricco a valle, pensando che in fondo tutti salgono su una montagna e poi, dopo poco o magari dopo giorni, quando saranno scesi, gli verrà la voglia di tornare ancora lassù, per scoprire un altro rifugio forestale, così da rubare ancora alla montagna etnea un nuovo e indimenticabile ricordo di questo straordinario territorio e comprendere il perché dalla montagna non si vorrebbe mai scendere!

“FORESTAZIONE URBANA”

 

A cura di Enzo Crimi – già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Siciliana, saggista, divulgatore ambientale e naturalista, esperto di problemi del territorio.

Il termine “Forestazione Urbana” deriva dall’inglese “Urban Forestry”, disciplina che si occupa dello studio e dello sviluppo del verde nelle aree urbane. Sappiamo che già oggi la maggior parte della popolazione mondiale vive in città con un maggiore aumento del consumo di risorse naturali ed aumento di emissione di anidride carbonica, dunque, bisogna dare una svolta green alle aree urbane e la Forestazione Urbana è un modello culturale per città sostenibili e più vivibili. Pertanto, non si tratta di un fenomeno transitorio di tendenza ma di una condizione essenziale che ha come fondamento la lotta all’inquinamento e la riduzione dell’impatto ambientale dei centri urbani e quindi, l’affermazione del nostro benessere. Infatti, le piante, per natura, sono in grado assorbire CO2 e depurare l’aria circostante da diverse sostanze inquinanti, inoltre, la vegetazione è una straordinaria barriera naturale al rumore e garantisce un corretto deflusso delle acque piovane sul terreno. Ma perchè le nostre città sono poveri di alberi? Forse perché ancora non abbiamo la consapevolezza della loro importanza nella lotta contro il riscaldamento globale. Le piante aiutano anche nella regolazione climatica degli edifici, riducendo la temperatura a loro circostante nei mesi estivi e proteggendoli dai venti freddi durante il periodo invernale. Dunque, la Forestazione Urbana assolve anche ad una funzione economica ma é certamente piacevole a vedere perché migliora il paesaggio spesso amorfo delle nostre città.

In sintesi:

Gli spazi urbani vanno qualificati con appropriati e funzionali progetti di “Forestazione Urbana”, in primis attraverso il recupero di aree in disuso e, ove possibile, la creazione di nuove, dove piantare immediatamente un considerevole numero di piante adatte allo scopo. La Forestazione Urbana è oramai diventata una priorità assoluta per l’interesse pubblico, in quanto é risaputo che alla vegetazione sono attribuite importanti azioni benefiche. Pertanto, la nostra società deve stimolare e promuovere nel pubblico e nel privato, progetti di verde urbano tipo giardini, orti e parchi, tetti, muri di cinta e facciate trasformati in verdi giardini, sia in orizzontale che verticale, con l’utilizzo di vegetazione appropriata. In città ogni spazio può essere trasformato e reso più verde in orizzontale, i viali alberati possono diventare corridoi verdi, le linee di congiunzione tra arterie viarie, parchi e giardini, possono svilupparsi sia all’interno che nell’intorno delle aree urbane e persino veri e propri boschi sono auspicabili “a cintura” dei centri cittadini o sviluppati in verticale, su architetture geometriche che diventano uniche. Insomma, un complesso e armonico sistema di verde urbano che assorba CO2 e restituisca ossigeno, in modo da mitigare gli scarichi inquinanti degli automezzi a trazione fossile. Non abbiamo alternative e pensando al futuro, le municipalità devono assumere coscienza dell’importanza di questo tema e muoversi al fine di elaborare piani e politiche efficaci per lo sviluppo della Forestazione Urbana e dei Giardini della Pioggia, e la rivalorizzare e riappropriazione delle aree verdi esistenti nei centri urbani.

1 Foto E. Crimi – Il Bosco Verticale di Milano

2 Foto dalla rete : Suggestivo esempio di forestazione urbana orizzontale e verticale.

Fonti Energetiche Rinnovabili

A PROPOSITO DI FER : FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI

Nota tecnica descrittiva a cura di Enzo Crimi – già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Siciliana, saggista, divulgatore ambientale e naturalista, esperto di problemi del territorio.

A causa del rapido surriscaldamento della Terra, per come denunciato da illustri studiosi, è prevista una progressiva disgregazione degli ecosistemi a livello planetario, in quanto entro questo secolo si raggiungerà un riscaldamento di almeno un grado e mezzo rispetto all’era preindustriale, dunque, dobbiamo mettere in atto tutti i sistemi che abbiamo per adattarci agli effetti di questo fenomeno e in questo senso, le foreste ci potranno dare un grande aiuto. E’ parere degli scienziati che entro i prossimi 12 anni occorrono cambiamenti rapidi, di ampio respiro e senza precedenti, in tutti gli aspetti della nostra società, che possano determinare un calo delle emissioni in atmosfera di CO² di almeno 45% entro il 2030. Le robuste e sempre più nocive attività dell’uomo, sottoforma di combustione del petrolio e dei suoi derivati, costituiscono il principale inquinamento da CO₂ che è un gas inerte, inodore ed incolore, naturalmente presente in atmosfera e in concentrazioni limitate, contribuisce positivamente all’effetto serra naturale. Più accrescono i nostri bisogni e più aumentano le macchine insostituibili per qualsiasi cosa facciamo noi, più la nostra civiltà contemporanea utilizza i combustibili fossili come petrolio, carbone e metano e la fonte nucleare (uranio, plutonio), che sono delle risorse limitate e principali responsabili dell’aumento dell’effetto serra a causa dell’espulsione in atmosfera di CO₂. Il cambiamento climatico è considerato una seria minaccia per la conservazione della biodiversità e della specie umana, pertanto, oltre a ridurre drasticamente le emissioni di CO₂ in atmosfera, dovute per il 90% all’uso di combustibili fossili, dobbiamo immediatamente attivarci nel ricercare tutte le forme di energia che possano renderci “liberi” dai signori del petrolio. Bisogna modificare tutto il nostro sistema riguardo l’energia che utilizziamo per le nostre città, per i nostri trasporti, per le nostre attività industriali, insomma, bisogna invertire la tendenza, tagliando drasticamente le emissioni di anidride carbonica e investendo in energia pulita attraverso le FER in grado di rispondere ai grandi problemi della sostenibilità ambientale e utili per evitare i possibili disastri ambientali che minacciano il nostro pianeta.

Ma cosa sono le FER?

Non esiste una definizione univoca, tuttavia, secondo la normativa di riferimento italiana, le FER sono Fonti Energetiche Rinnovabili. Vengono considerate “rinnovabili”: «.…il sole, il vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici.» Le FER non sono soggette a esaurimento, si rigenerano dopo ogni ciclo di utilizzo e, quindi, sono inesauribili e a disposizione dell’uomo anche in futuro. Quando parliamo di energie rinnovabili, ci riferiamo essenzialmente alla capacità delle risorse e delle fonti di energia di rigenerarsi nel breve periodo, dunque, l’aggettivo “rinnovabile” ha significato soltanto in un orizzonte temporale molto breve, dal punto di vista dell’uomo.

Maggiori Fonti Energetiche Rinnovabili:

  • L’energia solare che è il flusso di energia irraggiata dal Sole verso la Terra, è la fonte rinnovabile più conosciuta ed è utilizzata per produrre calore e, grazie alla tecnologia fotovoltaica, per produrre elettricità. L’energia solare prodotta dai raggi del sole, è una fonte molto vantaggiosa poiché è pulita, inesauribile, d’immediata reperibilità e con poche spese di manutenzione;
  • L’energia eolica è una delle fonti di energia rinnovabile più antiche generata dal vento, dallo spostamento continuo delle masse d’aria. Può essere trasformata direttamente in energia meccanica e indirettamente in elettricità. Per millenni è stata l’unica fonte di energia per la navigazione marittima su grandi distanze (Vele);
  • Energie da biomasse che sono materiali organici ( biologici ) che possono essere utilizzate come combustibili e/o carburanti e produrre energia elettrica o energia termica. Ad esempio, gli scarti della lavorazione forestale e dell’industria agro-alimentare e zootecnia, possono essere impiegati come materia prima per produrre energia termica ( calore );
  • La geotermia è una fonte di energia naturale, pulita e rinnovabile che tramite la tecnologia geotermica, sfrutta il calore del sottosuolo del pianeta dove la differenza termica ( energia geotermica ) è maggiore e può essere utilizzata per produrre forza vapore ed energia elettrica, oppure riscaldare l’acqua o gli ambienti interni.
  • L’energia idraulica o idroelettrica é tra le più antiche fonti di energia pulita e rinnovabile ricavata dalla forza delle acque e utilizzata su larga scala. Il flusso d’acqua di un lago, un fiume o un bacino artificiale, opportunamente convogliato attraverso apposite condutture, può trasformare la sua forza in energia di pressione e cinetica. Questa energia, in seguito, alimenta un generatore che la converte in elettricità;

Negli ultimi anni la quota mondiale percentuale di energia prodotta da Fonti Energetiche Rinnovabili è molto aumentata e l’energia prodotta è una risorsa essenziale e irrinunciabile per fronteggiare la minaccia dei cambiamenti climatici creati dai combustibili fossili e per garantire la stessa sicurezza energetica nazionale.

Anche l’Italia, che per la sua posizione geografica si riteneva al riparo dagli eccessi climatologici, ultimamente sta sperimentando catastrofi naturali senza precedenti. La necessità di ridurre le emissioni di gas serra del nostro paese e l’urgenza di scongiurare opzioni di generazione elettrica insostenibili, quali la realizzazione di nuove centrali a carbone o un ritorno al nucleare, impongono la scelta di opzioni energetiche maggiormente sostenibili e rinnovabili di cui le FER rappresentano un tassello fondamentale. L’Italia si posiziona al 3° posto in Europa in termini di consumo di energia da FER e al 4° posto in termini di consumi energetici complessivi. In definitiva le FER, oltre ad essere inesauribili, non producono né gas serra né scorie inquinanti da smaltire, mentre rappresentano una straordinaria fonte di energia rinnovabile e possiedono delle potenzialità fondamentali alla salvaguardia della nostra Terra. Dunque, le FER debbono essere preferite a tutti gli impianti che generano gas climalteranti in quanto ad impatto ambientale quasi nullo, nondimeno, occorre valutare e gestire delle azioni mirate al giusto utilizzo di queste fonti, in modo da creare una rete complessa d’interazioni sempre più sintetizzata con la sostenibilità naturale.

I caduti dell’incendio di Mitogio 18-08-1993

18 AGOSTO 1993 – TRENTESIMO ANNIVERSARIO DEI CADUTI DELL’INCENDIO DI MITOGIO, IN TERRITORIO DI CASTIGLIONE DI SICILIA: UNA FERITA CHE NON SI RIMARGINA

Testo a cura di Enzo Crimi – già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Siciliana, saggista, divulgatore ambientale e naturalista, esperto di problemi del territorio.

In questa nostra società contemporanea confusa, distratta, passiva e priva di etica e stordita dalla miserissima situazione politica, oggi voglio affidare a questo mio post un doveroso ringraziamento a tutti gli appartenenti al Comparto Antincendio del Corpo Forestale della Regione Siciliana. Operai antincendio che quotidianamente rischiano la vita nella lotta impari contro il fuoco, mai gratificati, non di rado dileggiati, strumentalizzati e senza evidenze o prospettive professionali concrete per il futuro, spesso scoraggiati dall’abbandono in cui versa il comparto antincendio oramai privo di orientamenti inequivocabili. Ecco a tutti questi operatori del fuoco, io dico di essere sempre vigili contro la potenza devastante delle fiamme, affinché tragedie simili come quella del “Feudo Mitogio” non avvengano mai più, ma soprattutto, a tutte queste persone deve andare il mio grazie più grande e di vero cuore che non sarà mai abbastanza, per l’impegno profuso quotidianamente nell’espletamento di un rischioso compito al servizio della natura e della collettività siciliana.

Il 18 di agosto di ogni anno deve essere ricordato come la giornata della memoria, perché chi non ha memoria non ha futuro e nel 30° anniversario della tragedia del “Feudo Mitogio”, il primo pensiero è per chi non c’è più con noi e per le loro famiglie che hanno subìto questa drammatica perdita.

Francesco MANITTA, giovane e promettente sottufficiale del Corpo Forestale della Regione Siciliana e 3 coraggiosi operai addetti alle squadre di spegnimento incendi: ZUMBO Vincenzo caposquadra aib, MINEO Benedetto e MANITTA Giuseppa operai aib, tutti inquadrati nel dispositivo antincendio del Distaccamento Forestale di Linguaglossa e tutti rei di credere nel proprio lavoro al servizio della natura in cui confidavano fermamente. Quattro nomi e una data impressi nella mente di chi ancora a distanza di 30 anni non riesce a dimenticare, perché ci sono ricordi nella nostra mente che non potremmo dimenticare nemmeno se perdessimo la memoria, ed é solo questo che rimane ai vivi…. é il cerchio della vita. Mai dimenticare i 4 “Forestali” non più con noi ma vicini a Dio, uomini valorosi che possono essere definiti davvero “Angeli custodi” del creato, caduti mentre con grande abnegazione e sacrificio nell’adempimento dei loro compiti d’Istituto, intervenivano su un incendio boschivo sulle colline all’interno del Feudo Mitogio di Castiglione di Sicilia. Quale luminoso esempio di difensori del bene naturalistico, non hanno esitato a dare la loro vita per il bene comune, eppure, invece di onorarli come coraggiosi caduti, gli uomini e le Istituzioni li ignorano e persino dimenticano il loro sacrificio. Bisogna che tutti noi operatori del fuoco di ieri, oggi e domani, teniamo alta la voce e viva la memoria nel ricordare il tremendo evento, il monito deve arrivare forte e chiaro sia a chi si dibatte nell’indifferenza, ma anche ai criminali incendiari senza scrupoli che incuranti del bene collettivo e dell’incolumità delle persone, attivano i detonatori di queste “battaglie del fuoco” che sono portatori di disastrosi scempi al paesaggio, impoverimento degli ecosistemi animali e vegetali e persino lutti nelle famiglie.

Tenuto conto della distruzione che causano gli incendi annualmente, noi siamo preparati ad affrontarli?

Sono trascorsi tantissimi anni dal disastro del “Mitogio”, ma non è cambiato nulla, anzi la situazione mi sembra peggiorata, infatti, in questi giorni, la nostra martoriata terra siciliana si trova ancora nella morsa del fuoco, dunque, nessuna novità per quanto riguarda la cultura civica degli incendiari, tantomeno delle attività preventive e repressive delle Istituzioni. Io credo che raggiungeremo buoni risultati nella lotta a questo devastante fenomeno solo quando capiremo che la soluzione agli incendi non si trova d’estate e penso sia giunto il momento di cambiare il solito paradigma, ovvero, incendi e solita caccia all’incendiario di turno, tralasciando il vero problema che è la messa in opera di idonee opere di prevenzione prima di ogni estate. Forse questi scempi si potrebbero evitare o quanto meno mitigare se solo si farebbe prevenzione attraverso il monitoraggio attivo del territorio, infatti, dove ci sono attività preventive, gli incendi calano drasticamente. I boschi e la vegetazione in generale vanno curati attraverso una buona pianificazione di interventi di selvicoltura preventiva e le Istituzioni devono spingere per un riacquisto del senso civico generale e motivare la collettività a rispettarli ed evitare ogni azione pericolosa e possibilmente a collaborare alla loro difesa. Ove possibile, bisogna agire con interventi di vigilanza sull’uomo che direttamente o, il più delle volte, con comportamenti irrazionali, diventa responsabile dell’incendio.

Gli incendi sono sempre più legati ai cambiamenti climatici?

Io penso che gli incendi stanno devastando gran parte del nostro territorio e dietro alle fiamme c’è sempre la mano volontaria o involontaria dell’uomo un uomo consapevole o inconsapevole del dramma e della catastrofe ecologica connessa al crepitio delle fiamme, un uomo che si chiama “incendiario” e non piromane, come spesso viene chiamato. Credo che i cambiamenti climatici in corso stiano generando le famose “tempeste di fuoco perfette”, alimentate da temperature da record in rialzo un pò ovunque, super ondate di caldo che rendono l’aria irrespirabile, forte vento e aridità del territorio, causata dalla rarità di precipitazioni meteoriche a periodo appropriato. Ecco, questi elementi non fanno altro che aggravare le cause scatenanti degli incendi e renderli ingovernabili. Il clima che cambia rapidamente a causa nostra, ci porta straordinarie ondate di calore e siccità estive sempre più frequenti e prolungate ma anche fenomeni estremi come improvvise bombe d’acqua e trombe d’aria che stanno diventando più frequenti e si abbattono in aree mai interessate a questi eventi. Per come vanno sostenendo gli esperti, forse è vero che ci avviamo nell’epoca del “Pirocene”, nome coniato dal famoso studioso del fuoco, Stephen Pyne dell’Arizona State University. Il “Pirocene” è un periodo di grande impatto ambientale, caratterizzato dall’aumento della quantità di incendi di vaste proporzioni collegati al peggiorare delle condizioni climatiche provocato dal riscaldamento globale, che certo dobbiamo affrontare con un approccio culturale diverso. Insomma, al presente gli incendi sono meno estesi, ma più devastanti la cui intensità e velocità di avanzamento superano le condizioni entro cui gli addetti allo spegnimento possono operare in sicurezza e con risultati apprezzabili. Inoltre, gli incendi oltre ad apportare imponenti danni al patrimonio economico delle comunità, sono causa di disastri ambientali difficilmente quantificabili a breve termine, in quanto determinano il disboscamento, la scomparsa di biodiversità, il degrado ecologico, una progressiva desertificazione del territorio, modificandone irreversibilmente il clima e l’ambiente, attraverso fenomeni estremi come improvvise bombe d’acqua e trombe d’aria, stanno diventando più frequenti e si abbattono in aree mai interessate a questi eventi. Siamo di fronte ad un’alterazione della regolarità del nostro pianeta mai vista sin dall’inizio della sua esistenza, che potrebbe apportare degli impatti imprevedibili ma sicuramente catastrofici e mai registrati e questo fenomeno é accentuato dalla noncuranza e impreparazione generalizzata delle Istituzioni e della gente comune.

Cosa può fare il Corpo Forestale della Regione Siciliana e i suoi uomini contro gli incendi boschivi?

Ebbene, restando così le cose, devo confessare che non vedo luci in fondo a questo tremendo tunnel. Come è noto, la Regione Siciliana essendo a Statuto Speciale, gode di totale autonomia amministrativa e nel rispetto delle norme statali e comunitarie relative alla previsione e prevenzione del rischio di incendi, attraverso il Corpo Forestale Regionale, esercita in modo sistematico e continuativo attività di prevenzione e lotta contro gli incendi dei boschi e della vegetazione su terreni pubblici e privati. La tutela ambientale dagli incendi ha le sue specificità di intervento che sono innate negli uomini del Corpo Forestale della Regione Sicilia, come preparazione specialistica e bagaglio esperienziale. In tutti i casi la sensibilità istituzionale alla conoscenza e alla salvaguardia dell’ambiente, non si inventa o acquisisce in pochi anni o per legge. Si tratta di un processo che si sviluppa nel corso di decenni di studi e di applicazione, conoscenza e frequentazione permanente del territorio che cambia e si evolve rapidamente. Il fuoco é la macchina più potente esistente in natura, il suo potere distruttivo è enorme e per combatterlo non basta vederlo e parlarne, bisogna conoscerlo profondamente. La difesa dell’ambiente dagli incendi in Sicilia, trova nel Corpo Forestale della Regione Siciliana, un’efficiente istituzione tecnica con funzioni di polizia, un punto di riferimento ormai indispensabile per l’espletamento di un tale servizio definito di primaria importanza per la collettività. Insomma, i pochi uomini superstiti del Corpo Forestale rimasti in servizio e l’intero dispositivo antincendio siciliano, sono l’unico baluardo contro gli incendi boschivi e di vegetazione. Tuttavia, dopo la sciagurata soppressione del Corpo Forestale dello Stato, mascherata da un’illusorio risparmio e avvenuta dal 1° gennaio 2017, sembra che non migliore sorte spetta al Corpo Forestale della Regione Sicilia, il quale, per la penuria di uomini e mezzi, stenta a sostenere il proprio importante ruolo e certo lascia dei vuoti che vengono riempiti da altre Istituzioni quali Vigili del fuoco – Protezione Civile che certo sono essenziali negli interventi si spegnimento incendi di interfaccia e possono svolgere attività come soggetti ausiliari negli incendi boschivi perché conoscono poco il territorio montano d’intervento e la sua memoria storica e antropica. Si diventa forestali solo attraverso una lunga esperienza e strategia tecnica preventiva e repressiva, insomma, per affrontare gli incendi boschivi, occorre uno straordinario bagaglio culturale di competenze tecniche che solo gli uomini del Corpo Forestale detengono, perché acquisite nelle Scuole Forestali, nei corsi di formazione e aggiornamento dedicati e sul territorio montano.

In questa condizione di grande tensione, insicurezza per il futuro e malessere professionale, può capitare di pensare: ma chi c’è lo fa fare?

Ebbene si, quando il lavoro diventa un sovraccarico di frustrazione e stanchezza psichica, privo di prospettive e di senso logico, può capitare di percepirlo come una sorta di trappola dunque, è umano pensare ma chi me lo fa fare. La politica regionale sono anni che ha lasciato coscientemente il Corpo Forestale ma anche il dispositivo regionale antincendio privo di uomini e mezzi, risorse e caserme forestali chiuse o che chiudono per mancanza di personale, tanto che oramai sta scivolando nell’agonia dell’oblìo più assoluto e così restando le cose, difficilmente potrà sopravvivere a lungo e adempiere ai propri compiti come fa dal 1972. Insomma, alla politica governante manca un tantino di sensibilità dell’ambiente e coraggio per invertire la rotta, dato che in atto non si colgono segnali che possano fare pensare ad un potenziamento e rilancio del Corpo Forestale della Regione Siciliana, per adesso il futuro é scoraggiante. Ad ogni modo, il grande amore dei “forestali” per i beni naturalistici, porta a credere e sperare che qualcosa di meglio arriverà per sé stessi, per il territorio e la collettività. Insomma, una presa di coscienza per capire che l’impegno porta alla serenità mentale e alla consapevolezza che non esistono alternative al di fuori dell’impegno di tutti noi ed in particolare degli addetti ai lavori. Bisogna continuare a fare il nostro dovere sino in fondo, senza mollare, indipendentemente dai risultati, che spesso possono essere annullati da fattori esterni che non possiamo controllare. Insomma, il dovere come valore in sé, indipendente dal risultato: questo è il messaggio che abbiamo ricevuto dai nostri caduti e che dobbiamo sforzarci di trasferire soprattutto ai giovani, come un grande insegnamento che deve ispirare la nostra vita. Dunque, non bisogna perdere altro tempo, é giunto il momento di agire con determinazione, serve un salto culturale che ci renda consapevoli della gravita del fenomeno e dei danni che esso arreca al territorio e alle popolazioni locali ogni anno, pertanto, si dovrà finalmente investire in prevenzione in modo da risparmiare in repressione. Spesso si crede che nel Corpo Forestale siano in attività migliaia di Agenti e Sottufficiali in divisa, scambiando queste figure professionali con gli operai forestali che sono altra cosa. Infatti, a fronte di una pianta organica che dovrebbe avere almeno 1380 unità, l’organico complessivo del Corpo Forestale in tutta la Sicilia è costituito di 393 unità, ampiamente carenti per una lotta agli incendi proficua.

Il 18 di agosto di ogni anno alle ore 10,00, presso la base Antincendio Boschivo in località “Borriglione” agro di Linguaglossa, viene celebrata una Santa Messa per commemorare i defunti.