Regie Trazzere

LE REGIE TRAZZERE SICILIANE: TRA STORIA E CULTURA

(di E. Crimi)

          Nelle nostre escursioni nella natura, tante volte, percorriamo a piedi in lungo e in largo alcune piste chiamate ”Regie trazzere” che rendono più agevole il nostro percorso. Presi come siamo dall’entusiasmo del nostro cammino verso una meta, non ci accorgiamo di calpestare secoli di storia che hanno visto protagonista questi territori, pezzi del nostro passato oramai concessi all’oblio, abbandonati all’arbitrio degli allevatori e del pascolo indiscriminato, a occupazioni abusive, restringimenti, chiusure e tentativi di regolamentazione che si susseguono numerosi ma che tardano a venire, tanto che oggi non è più possibile rintracciare l’origine vera e propria dell’antico tracciato. Per capire la storia di questi circuiti, bisogna conoscere l’antico fenomeno della “transumanza”, ovvero, la migrazione delle greggi dalla pianura alla montagna e viceversa.
         Dai pascoli di pianura, prima che il caldo essicchi ed indurisca le erbe, le greggi vengono condotte verso i monti dove l’erba rimane più fresca. Sin dall’epoca feudale, questi eserciti di greggi seguivano strade erbose di proprietà demaniale, dette “Regie trazzere”, realizzate dopo un’attenta valutazione sulla morfologia del terreno, allo scopo di armonizzare il percorso tra l’ostilità degli irti crinali, i passaggi fluviali e i terreni fertili e lavorati di fondovalle.
          La larghezza legale delle “Regie trazzere” era determinata per legge in 18 canne e 2 palmi, equivalenti a circa 37-38 metri, interamente tracciate in luogo pubblico, ad eccezione di piccoli bracci laterali, che potevano essere di proprietà di latifondisti ma definiti ad uso pubblico, che servivano a collegare le trazzere principali tra di loro. In queste piste il bestiame doveva camminare per raggiungere la destinazione e, quando stanco, si poteva riposare nutrendosi delle erbe stagionali ivi presenti, in quanto, legalmente queste erano considerate come elementi facenti parte del Demanio Pubblico dello Stato, vegetanti su terreno incolto, destinato alla trasmigrazione e ristoro degli armenti.
Infatti, nel regno di Sicilia di Federico II di Svevia, il settore del demanio reale e degli usi civici era regolamentato per legge e riconosceva i diritti dei cittadini di pascolare, coltivare, fare legna nei territori demaniali. E’ così che sulle “Regie trazzere”, i pastori con i loro animali in viaggio potevano liberamente transitare e pascolare, senza pagare nessun diritto di passaggio, nemmeno ai proprietari dei terreni dove, a volte, erano ubicati i tracciati laterali attraversati.
          Un gregge era formato da migliaia di animali e da decine di uomini addetti alla transumanza, composti dal vergaio o massaro, dai cacieri o casari (addetti alla mungitura e produzione dei formaggi), dai mulattieri e pastori (pecorai, agnellari e montanari). I ragazzi e le donne erano addetti ai lavori di pulizie, trasporto della legna, dell’acqua e aiuto nei lavori di caseificio. Insomma, tutta un’organizzazione familiare sostenuta anche da collaborazioni esterne, in funzione delle crescenti e reali esigenze di spostamento e di raggiungimento di determinate località, con l’interesse primario dell’antica economia pastorale che ancora oggi, in forma imprenditoriale, caratterizza queste terre. Insomma, le “Regie trazzere” veri e propri corridoi qualificati per il transito di armenti impegnati in complicate transumanze, ma anche principali e strategiche strade pubbliche di collegamento tra città e paesi.
         Oggi, nella maggior parte dei casi in inverno, il bestiame resta in organizzate aziende di pianura, e la transumanza va oramai scomparendo e dove ancora viene praticata, il trasporto del bestiame viene effettuato su strade asfaltate, con automezzi suddivisi in due o tre piani di carico. Ecco che con il progresso di questa nostra civiltà delle macchine, le “Regie trazzere”, che nel corso degli anni hanno indicato quanto di meglio potessero soddisfare il bisogno di spostamenti e viaggi di armenti, allevatori, contadini, mercanti e semplici viaggiatori, perdono via via d’importanza e degli originali tracciati rimangono ben poche tracce.
         Con il passare del tempo la sempre più evidente riduzione delle attività pastorali e la perdita di funzione, hanno favorito il loro progressivo restringimento e la perdita delle testimonianze di questo nostro passato agro-pastorale. Si dà così il via alla trasformazione delle trazzere in strade ordinarie carreggiabili, alla progressiva legittimazione delle occupazioni private ed alla riduzione della larghezza originaria. Oggi, questo tipo di viabilità, un tempo considerata come funzione primaria delle crescenti e reali esigenze di spostamento e di collegamento di determinate località, è stata assimilata nel moderno tessuto urbano, dando così il via alla trasformazione delle “Regie trazzere” in strade ordinarie carrozzabili per le automobili, asfaltate, spesso soggette ad abusi di ogni tipo: chiuse, edificate, coltivate.
         Questi tracciati storici hanno perso l’antica funzione di rapporto e comunicazione con il territorio, ma per quello che resta, hanno ancora motivo d’essere salvaguardate e studiate, se non altro per il mantenimento della memoria e del ricordo del tempo che fu, in cui ben altri erano i mezzi di locomozione, i tempi di spostamento e quindi i ritmi di vita, i quali, hanno già, di per sé, un grande valore storico.

Regia trazzera scavata nella roccia

          Quando per passione escursionistica ci troviamo a percorrere a piedi queste strade, dotati di un pizzico di contemplazione, volendo possiamo percepire la sensazione di rivedere la vita che si svolgeva in questi luoghi molti anni fa e cogliere ancora tutta la loro rilevanza razionalità di un tempo, quando questi tracciati, riuscivano a mitigare i continui sacrifici dell’uomo impegnato nelle pesanti fasi della transumanza. La vita della gente più umile, dei pastori votati agli stessi ritmi, agli stessi costumi e consuetudini, si protraeva lentamente ed invariabilmente dall’alba al tramonto nella profondità dei secoli sino a quando il progresso tecnologico e i tempi nuovi sconvolsero quel sistema arcaico e lo trasformarono in quello attuale: l’immobile abbandono.
         Recuperare la memoria storica di questi antichi percorsi viari e con essi tutte le testimonianze infrastrutturali ad essi collegati e che si avvicendavano via via lungo i percorsi, significa restituire identità storico-culturale a questi territori. Seguendo questo ragionamento, l’importanza di ricordare si affianca a quella della dimenticanza che non significa cancellare il passato ma prendere distanza da esso attraverso la sua comprensione e accettazione, che ne attenua il potere di provocare in noi emozioni di grande portata che ci hanno segnato e che possono pesare in noi come se appartenessero al presente.

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