Daily Archives: 4 maggio 2023

Cascata del Catafurco

IL PARCO NATURALE DEI NEBRODI E I SUOI GIOIELLI: LA “CASCATA DEL CATAFURCO”.

Testo a cura di Enzo Crimi – già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Siciliana, saggista, divulgatore ambientale e naturalista, esperto di problemi del territorio.

“La Cascata del Catafurco” é una perla del naturalismo siciliano incastonata in una gola all’interno di un suggestivo paesaggio in territorio in agro del comune di Galati Mamertino (ME), entro i confini del Parco Naturale dei Nebrodi che tutti gli amanti del naturalismo lento, conoscono come uno spettacolare balcone naturale formato da montagne boscate che si affacciano a nord direttamente sul mar Tirreno e a sud sull’immenso anfiteatro creato dall’Etna e dai fiumi Simeto e Alcantara. Si tratta di un territorio di grande suggestione e richiamo, perché a queste altitudini è possibile ammirare l’affascinante contrasto tra acqua, terra, aria e fuoco. “La Cascata del Catafurco” è alimentata, prevalentemente nel periodo estivo, dalle fredde acque del torrente San Basilio che iniziano a formarsi nel cuore dei Nebrodi, dalle terre che da sud lambiscono la nota dorsale dei Nebrodi. Scorrendo verso valle nel versante tirrenico, le dotazioni geomorfologiche e pedologiche di questi luoghi, ne fanno un luogo ricco di ruscelli e rivoli d’acqua che sgorgano dai fianchi delle colline boscate circostanti e “gonfiano” il terreno di un’idrografia superficiale che tende a convogliarsi sino a formare un unico corso d’acqua che appunto, prende il nome di torrente San Basilio e affronta la sua discesa tortuosa verso il mar Tirreno. Dopo aver raggiunto la sua consistenza di scorrimento in corrispondenza di un dislivello di circa 30 metri, le acque precipitano tumultuosamente da alte, scabre ed erose rocche carbonatiche, frutto dell’azione erosiva millenaria del torrente San Basilio che ha scavato la roccia e proseguono il loro percorso verso valle. Un salto d’acqua che dall’alto della “Serra dei Ladri”, precipita giù impattando sulle rocce sottostanti e scivola nel piccolo laghetto o gurna naturale che si è formato nei millenni dentro l’alveo alla base delle forre, noto nel luogo come “Marmitta dei giganti”, una sorta di piscina scavata nella roccia dall’erosione dell’acqua dove, clima permettendo, e volendo, i visitatori possono fare un bagno rigenerante. Si tratta di un tipico laghetto o anche cosiddetta “marmitta” naturale, insomma, un vero e proprio specchio d’acqua, frutto dell’intensa ed incessante opera levigante naturale delle acque vorticose del torrente San Basilio. Esercitata per millenni sugli antichi e solidi banchi quarzarenitici all’interno dell’alveo del torrente, questa azione abrasiva avviene ad opera dell’acqua e/o altri massi trascinati dalla corrente, che scivolano e abradono il fondo quarzarenitico nel letto del torrente in movimento rotatorio e per trasporto. Nel corso del tempo, questo processo levigante riesce a modellare le rocce compatte di pietra e creare un fenomeno di erosione raro che ha prodotto queste cavità dette “marmitte”, dalle forme più svariate e dalle pareti levigate e profonde anche alcuni metri dove, secondo una leggenda, i giganti del fiume contenevano il loro cibo.

Giunti sul posto, gli escursionisti possono ammirare “La Cascata del Catafurco” dal basso, proprio dall’interno dell’alveo del torrente, in modo da potere contemplare come un “Santuario della natura”, al cui cospetto si pensa subito che quì la natura davvero dà spettacolo. Sarà che la fragranza del muschio che riporta alla mente antichi ricordi, sarà che i giochi dell’acqua che cade sembrano ipnotizzare la mente, in questo posto incantato si può trovare un “pezzo” di Sicilia integrale quasi nascosta che pochi conoscono, lontana dai centri affollati del turismo mordi e fuggi e dagli itinerari naturalistici conosciuti, un territorio fatto di sentieri, boschi e di piccoli specchi d’acqua. Il sito non è circondato da una rigogliosa vegetazione fluviale per come ci si potrebbe aspettare, tuttavia, la natura qui è davvero seducente e il turbinio delle acque soprane che “saltano” nel torrente, accoglie i visitatori con i suoi spruzzi d’acqua illuminati dal sole e rivestiti d’arcobaleno, che inondano l’aria di frescura e di intime sensazioni. Insomma, sono molte le bellezze che caratterizzano questo prezioso forziere naturale, stupori che non possiamo cogliere con una semplice foto o video, ma solo con la sensibilità degli occhi che provocano grandi sensazioni al cuore. Poco distante dalla cascata “La Cascata del Catafurco”, bisogna visitare anche la grotta delle “Lacrime di Maria” dove si trova una statuetta della Madonna. La grotta è attorniata dal muschio sul quale gocciola l’acqua proveniente da un piccolo ruscello, come a simulare il pianto della Vergine, per questo il piccolo sito è denominato “Lacrime di Maria”. Questa storia nasce da una leggenda popolare secondo la quale, una notte due fanciulle del paese fecero lo stesso sogno, che nella cavità ci fosse la presenza della Madonna. La Madonna non è stata trovata, tuttavia, il giorno seguente le due ragazze fecero collocare in quella piccola grotta una statuetta dedicata a Maria.

Per visitare il sito naturalistico della “La Cascata del Catafurco”, si può utilizzare il tragitto più breve, agevole e non difficoltoso, a parte qualche ripida salita. Si può scegliere il percorso di Galati Mamertino e propriamente, dopo aver imboccato una vecchia trazzera di contrada San Basilio poco distante dal paese nebroideo, si inizia la piacevole camminata lungo un itinerario idoneamente indicato con appositi cartelli collocati ai bordi della trazzera, che porta fino alla cascata. Insomma, un sito che vale assolutamente la pena visitare se si è appassionati di escursioni lente. Il tragitto, lungo circa 7 chilometri tra andare e tornare, è ben ricco di paesaggi unici dove l’attrazione principale e rappresentata dai colori seducenti della macchia mediterranea che rappresenta l’aspetto più autentico del paesaggio mediterraneo, caratterizzata da una fitta vegetazione arbustiva e cespugli bassi e spesso spinosi. Tuttavia, trovando alcuni elementi favorevoli e condizioni climatiche alquanto appropriate, la macchia mediterranea può progredire ed assumere le caratteristiche di un bosco mediterraneo. Nella fattispecie, a causa dell’azione periodica e costante degli incendi, ahimè, si è stabilizzata in comunità vegetale che gli esperti definiscono “pseudoclimax” da incendio e stenta a pervenire ad una successione ecologica verso il bosco, in quanto l’evoluzione è bloccata dal ricorrere periodico degli incendi. Gran parte di questo territorio fluviale del torrente San Basilio, seppur ad alta pendenza, grazie all’acqua del torrente, occupava delle aree a vocazione agraria, in particolare nei terreni vicini al fiume, spazi modellati dalla natura ma anche artificialmente attraverso gradoni e terrazzamenti, oggi lasciati all’incuria e all’abbandono, punteggiati da qualche raro scorcio di verde, rappresentato dai pochi relitti arborei. Al presente queste contrade che sono riflesse nel torrente San Basilio, in parte sono caratterizzate dall’assenza di antropizzazione che paradossalmente, consente la conservazione e la custodia di rare testimonianze di vera cultura e arte rurale. Infatti, lungo il suggestivo percorso di accesso al sito, ancora oggi sono visibili i resti di un villaggio abbandonato dei pastori in Contrada Molisa e i tipici pagliai “pagghiari”, ricoveri di pastori e casette rurali in pietra, oramai in parte collabenti, per il resto tutto è abbandonato all’arbitrio degli allevatori e del pascolo indiscriminato, agli incendi estivi e all’attività erosiva degli eventi atmosferici. Camminando per queste terre, si ha la consapevolezza di trovarsi all’interno di un territorio attraversato da ripidi viottoli, contrassegnato da rocce granitiche e picchi, intercalato dal disordine vegetazionale arbustivo, ricco e fitto di roveti ed erbe stagionali. I pendii sono più o meno solcati da un sistema di incisioni torrentizie secondarie a marcata pendenza e profili longitudinali piuttosto irregolari che confluiscono poco più a valle nel torrente San Basilio che scorre a sud della pista e rappresenta il corso d’acqua principale di questo ambiente. Strada facendo, si può notare anche lo zampillare delle acque che seguendo vie labirintiche a monte, sgorgano in superficie a valle e proseguono il loro breve percorso sino ad immettersi nel torrente San Basilio.

Rivolgendo uno sguardo d’insieme a monte e a valle della trazzera, ecco che si avvistano delle piante di querce e una modesta vegetazione fluviale composta da piante arboree che, per le loro caratteristiche tonalità ed endemismi, esprimono un’insieme di varietà botaniche arboree diverse ma omogenee che si manifestano in tutte le stagioni. Nei contrafforti a monte dove l’eco delle acque giunge tenue, fanno da cornice al torrente alcune tipologie vegetali arborei come gli endemici Salici di Gussonei, i Pioppi, e in minor quantità i Platani e gli Ontani. Inoltre, queste piante sono assortite della presenza non indifferente di tanta vegetazione minore arbustiva tra la quale emerge, la Ginestra di Spagna, l’Olivastro, il Perastro, il Fico d’india, l’Oleandro, il Fico comune, il Tamerice e poi ancora il Sambuco, pianta non molto longeva dalle bellissime infiorescenze ad ombrello, la Gunnera minore, l’Euforbia, l’Origano e l’Ampelodesma, che può considerarsi un’altra pianta arbustiva tipica di alcune ben identificate aree delle valli fluviali e verdeggianti tappeti di Felci che invitano alla serena riflessione. Per chi è appassionato di botanica, ecco che può affascinare gli occhi con una piantina erbacea rara e a rischio estinzione che cresce ai bordi del torrente: la Petagna (Petagnaea gussonei). Anche la fauna locale é ben presente e rappresentativa di gran parte delle specie mediterranee. Noi ci siamo stati e se voi che leggete non lo avete ancora fatto, vi consiglio di visitare “La Cascata del Catafurco”che offre tanta bellezza.

 

 

Dissesto Idrogeologico

MALTEMPO IN TUTTA LA PENISOLA

DISSESTO IDROGEOLOGICO, FORESTAZIONE URBANA E GIARDINI DELLA PIOGGIA.

Testo a cura di Enzo Crimi – già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Siciliana, saggista, divulgatore ambientale e naturalista, esperto di problemi del territorio.

Piogge persistenti, temporali, nubifragi, anche sottoforma di vere e proprie bombe d’acqua e forti raffiche di vento investono il nostro paese ed in particolare l’Emilia Romagna dove il tragico fenomeno degli allagamenti alluvionali ha fatto sfracelli e anche due morti e diversi feriti. Il maltempo ha dunque colpito l’Italia da nord a sud, strade come fiumi, case evacuate e treni sospesi, città isolate e allagate dalla pioggia e dall’esondazione di fiumi e torrenti, crolli e frane, come al solito, questi eventi ci trovano impreparati e allora i danni diventano ingenti e tutti a parlare ancora di fatalità. Il Mediterraneo troppo caldo genera piogge distruttive e sarà necessario abituarsi e attrezzarsi, perché metà della pioggia di un anno, cade in 24 ore e questo è un sintomo dei cambiamenti climatici ma anche dell’incuria del territorio.

Analizzando con attenzione il verificarsi di tali fenomeni, ci rendiamo conto che non tutti sono la diretta conseguenza di eventi naturali riconducibili al caso. Infatti, é l’uomo che spesso agisce in modo indiscriminato sul territorio e crea squilibri, mentre dovrebbe sempre operare in forte sinergia con esso, nella consapevolezza che l’interesse dell’uno è subordinato alla salvaguardia dell’altro, come a sembrare un legame simbiotico. Affinché tali fenomeni diventino governabili, dovrebbe essere posto in opera, il principio fondamentale che sempre ha dato eccellenti risultati: la prevenzione. La mitigazione di questi eventi non si ottiene attraverso la cementificazione indiscriminata del suolo, né con il sotterramento dei corsi d’acqua ma si consegue attraverso la realizzazione di opere mirate che prevedano, in particolare lungo i pendii dei corsi d’acqua a monte, non il taglio ma l’impianto di nuovi boschi i quali oltre ad evitare gravi forme di dissesto, svolgono altre funzioni di grande interesse: economico e ricreativo. Certamente, più il terreno ripariale è boscato, minore è il rischio di dissesto idrogeologico, che è l’insieme di quei fattori di dilavamento e sgretolamento, di frane, erosioni e trasporto a valle di materiale solido che, sommato al consumo indiscriminato legale o illegale del suolo, all’abbandono di forti concentrazioni di rifiuti e all’abusivismo edilizio lungo i corsi d’acqua che mai vengono manutenzionati, limita il normale deflusso idrico anzi a volte ne determina l’ostruzione, la deviazione, l’esondazione e l’allagamento di terreni e aree urbane con forti rischi per strutture, infrastrutture e pubblica incolumità.

Pertanto, succede che l’acqua prodotta dalle forti piogge, a seconda della pendenza del suolo, non trovando idonea copertura arborea a monte e un’adeguata regimazione che ne possa regolare il normale deflusso, a causa della sua forza di impatto con il suolo, in particolare quando questo è argilloso, si infiltra, raggiunge lo strato impermeabile, impregna il terreno superficiale che, gonfio d’acqua, si mette in movimento, scivola a valle causando consistenti fenomeni di dilavamento, erosione e infine ruscellamento fangoso, travolgendo qualsiasi cosa sul suo percorso, compresi aree agresti e urbane, persone e cose. Non mi fanno paura i torrenti in piena, sono le norme di comportamento che assume l’uomo nel suo rapporto con l’ambiente che a volte creano squilibri. Il problema della fragilità del nostro territorio e dell’esposizione al rischio di frane e alluvioni, non può certo considerarsi un fenomeno emergenziale, è oramai diventato una costante assoluta almeno per 6.633 comuni italiani, ovvero l’82% di tutto il paese che è definito a rischio idrogeologico. Ciò comporta ogni anno un bilancio economico pesantissimo, intollerabile quando, in particolar modo, è pagato con la vita. Bisogna mettere in sicurezza il nostro paese, ed è evidente l’assoluta necessità che i nostri legislatori riservino maggiori politiche e risorse al territorio, in termini di prevenzione e in un contesto in cui sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in atto, che comportano fenomeni meteorologici estremi caratterizzati da piogge intense concentrate in periodi di tempo sempre più brevi e cicloni imprevedibili.

Ma cosa accade all’acqua piovana all’interno dei centri urbani durante o subito dopo un forte temporale? Nelle nostre città, sempre più cementificate e carenti di verde, l’acqua meteorica è spesso costretta ad un lungo e tortuoso percorso prima di riuscire ad infiltrarsi nel terreno e ristabilire il naturale ciclo dell’acqua. Per questo motivo, complici le spesso inadeguate infrastrutture idriche di smaltimento, assistiamo sempre più di frequente a fenomeni di allagamento ed inondazione, talvolta estremamente dannosi per la collettività. Dunque, l’attività preventiva contro il rischio inondazione, va applicata anche agli spazi urbani che vanno qualificati con appropriati e funzionali progetti di “Forestazione Urbana” (Urban forestry), in primis attraverso il recupero di aree in disuso e, ove possibile, la creazione di nuove, dove piantare immediatamente un considerevole numero di piante adatte allo scopo. La Forestazione Urbana è oramai diventata una priorità assoluta per l’interesse pubblico, in quanto é risaputo che alla vegetazione sono attribuite importanti azioni benefiche. Pertanto, la nostra società deve stimolare e promuovere nel pubblico e nel privato, progetti di verde urbano tipo giardini, orti e parchi, tetti, muri di cinta e facciate trasformati in verdi giardini, sia in orizzontale che verticale, con l’utilizzo di vegetazione appropriata. In città ogni spazio può essere trasformato e reso più verde in orizzontale, i viali alberati possono diventare corridoi verdi, le linee di congiunzione tra arterie viarie, parchi e giardini, possono svilupparsi sia all’interno che nell’intorno delle aree urbane e persino veri e propri boschi sono auspicabili “a cintura” dei centri cittadini o sviluppati in verticale, su architetture geometriche che diventano uniche.

Un’altra nuova soluzione ecosostenibile di paesaggio urbano per filtrare e gestire le acque piovane sono i Giardini della Pioggia (Rain Gardens), introdotti da anni nei paesi anglosassoni come decoro urbano ma soprattutto per contrastare gli allagamenti in città. Anche in Italia questo intelligente sistema, facilmente realizzabile a basso costo da privati e Comuni, sta trovando sempre maggiore impiego, principalmente in virtù della loro semplicità realizzativa e manutentiva. I Rain gardens sono utili a filtrare, assorbire e rallentare naturalmente le acque e il loro afflusso alle falde acquifere e ai corpi recettori, tanto da ridurre la possibilità di fenomeni alluvionali a valle e i conseguenti danni a persone e cose. La Forestazione Urbana e i Giardini della Pioggia, sono oramai diventati una priorità assoluta per l’interesse pubblico, in quanto é risaputo che alla vegetazione sono attribuite importanti azioni benefiche, in sintesi sono nuove soluzioni ecosostenibili utili all’uomo e alle nostre città, per intercettare, filtrare e gestire le acque piovane, in modo da contrastare gli allagamenti e le inondazioni in città, inoltre, sono certamente attraenti a vedere perché migliorano il paesaggio spesso amorfo dei centri urbani.

Come ho scritto in altre occasioni, la configurabilità dell’ambiente come bene giuridico non può essere ignorata dall’uomo attraverso tagli continui alle risorse finanziarie. Eppure, il legislatore con la sua mente piccola e poco avvezza alla problematiche ambientali, forse non ha ancora la piena coscienza della gravissima crisi ambientale che sta vivendo e spesso non rivolge la sua attenzione al territorio. Sono molteplici le grida di allarme che ci pervengono periodicamente dalla comunità scientifica, la terra è in pericolo, l’uomo è in pericolo, e questa nostra prosperosa civiltà dei consumi, sta gettando le basi per una folle e sconsiderata autodistruzione di un pianeta malato, stanco, oltraggiato da uno sfruttamento sconsiderato in cui ogni cosa, animata e inanimata, ha valore unicamente se e in quanto merce, prodotto da vendere. Evidentemente non bisogna certo avere una mente eccelsa per comprendere che l’interesse del legislatore verso l’ambiente in generale, sembra oramai una foto sbiadita, un pensiero iconico che tende a scomparire definitivamente dalle tematiche politico-sociali che si discutono oggi, e allora, come in un gioco onirico, il nostro interesse nei confronti di questo grave problema, molte volte, si infrange sugli irti scogli della noncuranza che tutti i “nostri” politici nutrono verso i beni naturalistici del creato.