Daily Archives: 18 febbraio 2015

Grotta del gelo

RANDAZZO E LA GROTTA DEL GELO

          La Grotta del Gelo è la cavità di origine vulcanica più conosciuta dell’Etna, si è formata a circa 2040 m. slm sul versante nord-occidentale dell’Etna, in territorio di Randazzo, ha uno sviluppo di circa 125 metri e un dislivello di metri 30 circa. Anticamente utilizzata dai pastori per abbeverare il gregge, oggi è meta ambita dell’escursionismo etneo. Infatti, l’affascinante spettacolo offerto dalla visione di un piccolo ghiacciaio rappresentato da un consistente deposito naturale perenne di neve ghiacciata, ha stimolato da sempre la curiosità degli escursionisti che ritengono la grotta, certamente una delle più note delle oltre 220 presenti sull’Etna.

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Da sempre la grotta del gelo ha rappresentato un intrecciato motivo di studio storico ed anche geologico dell’intrigante mondo ipogeo e del suo lento ed incessante scorrere del tempo. Un affascinante ed inconsueto viaggio all’interno delle recondite profondità, immersi in un silenzio magico, laddove in piena estate il ghiaccio cede il posto ad incantate ombre che si incontrano e si confondono in un gioco sempre nuovo ma occulto, che profuma di misterioso e arcano, ma che ogni piccola disattenzione può trasformarsi in rischiosa trappola. Il suo nome è la sua notorietà, sono dovuti alla sua caratteristica di mantenere una gran massa di ghiaccio al suo interno per quasi tutto il periodo dell’anno, ciò dovuto alla neve che viene spinta dal vento al suo interno facilitata dalla lieve inclinazione del suolo, alle infiltrazioni dell’acqua che si congela per le temperature fredde e al difficile scambio termico con l’ambiente esterno. Con queste condizioni climatiche, la massa glaciale, trovando condizioni di temperatura più favorevoli, ha eseguito una traslazione sul fondo della grotta dove mantiene il suo spessore, rendendo a periodi impraticabile il cunicolo finale.

Per visitarla in primavera, si procede con l’utilizzo di attrezzatura alpinistica tra cumuli di neve presenti sin dall’inizio della galleria e attraverso stallatiti di ghiaccio pendenti dalla volta e un scivoloso strato di ghiaccio, si arriva ad un piccolo ambiente pianeggiante coperto da uno tappeto di ghiaccio cristallino, dal quale traspaiono grossi massi incastonati al suo interno. Da questo si dipartono due gallerie “rivestite” dal ghiaccio invernale: la prima diventa quasi subito impraticabile a causa della gran massa di ghiaccio, la seconda, più ampia, si sviluppa interamente all’interno del ghiacciaio direzione sud e verso l’uscita.

Grotta del gelo

Stalattiti di ghiaccio nella grotta del gelo

          La Grotta del Gelo rappresenta un caratteristico esempio di cavità ipogea originata da meccanismi eruttivi, essendo stata prodotta dal parziale svuotamento di una colata lavica, ed è abbastanza singolare per la notevole ampiezza che supera quella media delle comuni grotte laviche. Essa si apre a monte e precisamente nella parte iniziale delle famose “lave dei dammusi” che costituiscono il prodotto dell’eruzione che in diverse fasi e per 10 anni (1614-1624) interessò il versante settentrionale dell’Etna. Si tratta di una grotta di scorrimento lavico che segue un processo evolutivo che ha origine dalle colate laviche, le quali scorrendo lungo le pendici del vulcano, alle volte si creano dei percorsi per così dire paralleli. La parte esterna, in quanto a contatto con l’atmosfera, tende a raffreddarsi e a solidificarsi prima, mentre il flusso lavico all’interno della colata mantiene il suo calore e continua a scorrere come in una galleria, sino a quando viene alimentato. Quando la colata incomincia ad estinguersi e pertanto il flusso non riceve più propulsione, la condotta si svuota e lascia il posto ad una grotta di scorrimento lavico.

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Attualmente la Grotta del Gelo non gode di ottima salute. Infatti, mentre all’inizio della sua formazione avvenuta verosimilmente verso la prima metà del XVII secolo, cioè qualche decina di anni dopo la fine dell’eruzione all’interno della quale si formò, il ghiaccio della cavità raggiungeva uno spessore di circa 2 metri, in questi ultimi anni il ghiaccio al suo interno si assottiglia sempre di più, tanto che a estate inoltrata ne rimane pochissimo e pertanto, essa perde il suo fascino. Ciò è dovuto probabilmente alle variazioni climatiche che stanno interessando il nostro pianeta, alle temperature meno rigide e nevicate sempre meno abbondanti, ai numerosi movimenti sismici del terreno che creano infiltrazioni d’aria che indeboliscono le proprietà coibenti della grotta e non ultimo, al disordinato afflusso dei visitatori che certamente andrebbe regolamentato.

 - E. Crimi -

Gruppo di escursionisti in visita alla Grotta del gelo

I Calanchi

I CALANCHI

– (di E. Crimi) –

           Il calanco è un fenomeno complesso di franamento ed erosione dei terreni fortemente argillosi, tipico del clima mediterraneo. Affinchè questo si formi, sono necessarie alcune condizioni ed in particolare, è necessario che il terreno sia prevalentemente argilloso ma con una certa percentuale di sabbia, i versanti siano con pendenza elevata ma non eccessiva, i terreni siano esposti preferibilmente a sud, il suolo sia sottile e il clima caratterizzato da fenomeni temporaleschi e stagioni secche. L’argilla è un terreno formato da particelle microscopiche di forma lamellare, che aderiscono fra loro. In questi terreni, le gocce d’acqua di un temporale penetrano attraverso le fessurazioni, provocano la disgregazione di piccole particelle di terra e favoriscono il rigonfiamento, indi l’azione solare provoca il ritiro e le spaccature, definite desquamazioni e spappolamento delle argille. In terreni a forte pendenza, una volta spappolata l’argilla viene messa in movimento dal ruscellamento dell’acqua piovana e sottoforma di fiume di fango, prima in forma lieve, poi, asportando ulteriori particelle di terra, in forma sempre più grave, fino a scaricare e smantellare il monte che tende ad essere livellato, si riversa sui campi, sulle strade e i centri abitati, creando danni alle persone e alle cose. Una volta per la sistemazione dei calanchi si adoperavano mezzi meccanici per il modellamento delle creste, o esplosivi, o correttivi del terreno, o prodotti chimici che modificavano la natura stessa dei terreni (flacculazione dell’argilla).

Calanco

Oggi creando la regimazione delle acque con canali erodenti sulle creste e canaletti di raccolta negli impluvi, si cerca di eliminare le acque superficiali, impedire le colate fangose, facilitare l’attecchimento della vegetazione e accelerando la demolizione delle creste. Il terreno si spoglia rapidamente del suolo, i rigagnoli s’ingrandiscono e si approfondiscono creando dei fossi e aumentando di numero fino a disegnare un fitto reticolo idrografico in miniatura, con vallecole dai fianchi ripidissimi in cui l’erosione di fondo è più veloce di quella laterale. Nella parte alta del calanco, invece, la pendenza è così elevata che il terreno argilloso non può essere stabile: piccole frane si staccano continuamente, provocando l’arretramento del calanco fino alla sommità della collina. I minerali che compongono l’argilla contengono poche sostanze nutritive, pertanto, se le condizioni sono favorevoli al fenomeno, la velocità di erosione è superiore a quella di pedogenesi, cioè alla formazione di suolo adatto ad ospitare vegetazione, ne consegue che le radici delle piante penetrano con difficoltà, respirano male e attecchiscono faticosamente.