ALLA SCOPERTA DEI MEGALITI DELL’AGRIMUSCO
di E. Crimi
di E. Crimi
(di E. Crimi)
(di E. Crimi)
(di E. Crimi)
(di E. Crimi)
di E. Crimi
di E. Crimi
CATANIA - Lo scempio che giorno dopo giorno si verifica e a cui è sottoposto il nostro vulcano, l’Etna, si amplifica per mano di persone inqualificabili e rattrista gli animi di tutti coloro che amano il paesaggio naturale. Se i nostri antenati scoprissero ciò che accade, inorridirebbero all’idea della violenza inquinante con la quale hanno usurpato “a nostra muntagna” ovvero Mongibello.
Oggi le foto parlano chiaro: le pendici della nostra montagna sono ridotte ad un ammasso di rifiuti. Per tale ragione abbiamo avviato incontri con le istituzioni, per capire che cosa sta succedendo e su come agiscono le autorità competenti per il controllo del territorio paesaggistico e ambientale.
A tal fine, abbiamo dato priorità all’incontro con il commissario superiore Gianluca Ferlito, comandante del nucleo operativo provinciale del Corpo Forestale di Catania, che ha risposto alle nostre domande.
L’Etna, patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’Unesco ridotto in questo modo, com’è possibile?
“Sono fortemente addolorato nel constatare una cosa del genere, purtroppo il territorio è molto vasto e sebbene i nostri controlli e la nostra sorveglianza siano ‘no-stop’, non riusciamo a svolgere un monitoraggio capillare e capace di reprimere tutti i reati di abbandono di rifiuti. Da più di due anni abbiamo chiesto al parco dell’Etna di provvedere ad un sistema di controllo mediante un impianto di video sorveglianza, ma capisco anche che i costi risulterebbero molto gravosi.
A dire il vero, adottando un sistema di videocontrollo intelligente programmato con l’uso di apparecchiature alimentate da energia alternativa, forse, si potrebbe.
Non c’è dubbio che gli enti parchi dovrebbero impegnarsi con progetti prioritari onde evitare fenomeni di abbandono. Il complesso vulcanico dell’Etna riveste particolare importanza e l’attività di controllo, collegata anche al maggior pericolo per la pubblica incolumità, deve essere garantita di concerto con la prefettura di Catania e gli organi preposti come l’INGV, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e la Protezione civile.
In merito al tema dello scempio abbiamo voluto approfondire recandoci nella sede del corpo forestale di Catania, diretto da Antonio Lo Dico, per parlare dell’attività di P.G. e P.S., con il responsabile Giovanni Gubernale.
La situazione sull’Etna è diventata a dir poco paradossale. Il vulcano corre il rischio di essere trasformato in un vero e proprio letamaio?
“In relazione ai compiti istituzionali, il Corpo Forestale opera in ambito regionale con compiti specifici, al fine di perseguire l’obiettivo primario della “sorveglianza”, del controllo, della difesa e della valorizzazione del territorio forestale e montano, del suolo, dell’ambiente naturale e delle aree protette; e il territorio etneo riveste particolare attenzione per l’aspetto paesaggistico collegato con gli Enti parco e con i Gestori delle riserve naturali presenti all’interno che comprendono il 40 per cento del territorio e precisamente il Parco dell’Etna, il Parco dei Nebrodi, il Parco Fluviale dell’Alcantara, le riserve di “Immacolatella (San Gregorio di Catania), il fiume “Fiumefreddo”, la Timpa di Acireale e l’Oasi del Simeto”.
Un immenso patrimonio da salvaguardare e da controllare e si comprende come possa essere difficile poter gestire le attività di controllo.
“Tra i molteplici compiti istituzionali assegnati in ambito di tutela ambientale e controllo del territorio, il Corpo forestale esegue periodicamente censimenti dei punti soggetti a scarico di rifiuti di qualsiasi natura, ricadenti all’interno del Parco dell’Etna”.
Si, ma di che tipo di rifiuti si tratta?
“Le tipologie di rifiuto variano da quello urbano non differenziato a scarti di materiali edili, lastre in fibro-cemento (eternit), carcasse d’auto, copertoni, materiali plastici, frigoriferi, cucine, divani e tanto altro genere. La loro ubicazione, purtroppo interessa buona parte del parco, come la località “Ruvolita, Passo Zingaro e Parlata” nel comprensorio di Adrano; le località “SS.Cristo”, “Ciapparo”, “Barbotte-Nave” nel comprensorio di Bronte; le località “Montarsi”, “Nocille”, “Ripe della Naca” nel comprensorio di Giarre; le località “Fossazza, Roccacampana, Chiuse Nocille, Borrilione, Vignazza, Cerro, Piano Felci, Casazza”, nel comprensorio di Castiglione di Sicilia e di competenza del Distaccamento Forestale di Linguaglossa; le località di “Gallinaro, Serruggeri, Gervasi, Rinazzo, San Leo, Molinaro, Milia, Monte Arso, Cozzarelli”, nel comprensorio di Nicolosi; le località “Dagala Longa, Ravaggi, Bocca Dorzo, Montelaguardia” di Randazzo; le località “Monte Arcimis, Pozzo Cavotta, Dagalone, nel comprensorio di Zafferana Etnea”.
E come si provvede a bonificare le aree?
“In sinergia con le amministrazioni locali, spesso vengono eseguite le operazioni di rimozione dei materiali, anche se la complessità della materia imporrebbe una maggiore sensibilizzazione da parte di tutti gli organi competenti in materia ambientale“.
Imporebbe?… o impone!
“Il Corpo Forestale non solo espleta l’attività repressiva che viene condotta con la presenza sul territorio utilizzando anche moderne tecnologie di monitoraggio e controllo dello stesso. Ma vi è l’assoluta necessità di effettuare impianti di video controllo sofisticati e moderni, pronti a a reprimere, ma anche a dissuadere scempi di tale portata. Poi l’azione repressiva ha bisogno di essere coadiuvata dell’azione educativa e divulgativa da parte delle scuole dell’obbligo, mediante l’attività di una vera e propria educazione ambientale, per arrivare al conseguimento di specifiche professionalità, accogliendo istanze di tirocinio pratico per la stesura di tesi di laurea presso questo Ispettorato“.
L’Etna, il colosso che sovrasta la Sicilia, viene ammirato e amato da migliaia di anni. Attraverso carmi e melodie per la sua attraente bellezza, i suoi paesaggi fatati, le sue aurore paradisiache e i suoi tramonti incantevoli è stato reso immortale persino nei ricordi. Senza dimenticare il suo carattere mite, pacioccone ma a volte irruento, che ha attirato l’attenzione di milioni di persone desiderose di venire a trovarlo e anche ad innamorarsene. Può davvero essere il degrado il suo destino?
Qualche metro prima di arrivare al bivio per la contrada Flascio, lungo la SS.120 che da Randazzo conduce a Cesarò, vi è un breve spiazzo dal quale si inerpica la regia trazzera che attraverso l’estrema propaggine sud dei monti nebrodi porta a Floresta. Quasi al confine territoriale con l’ameno paese nebrodeo, affioramenti di roccia sedimentaria danno immagine a straordinarie sculture naturali modellate dal tempo che si ergono nel loro immobilismo come a volere testimoniare la loro possente presenza a guardia delle meraviglie naturalistiche di questo territorio. In questo angolo di territorio, dove la natura ha voluto esprimere la sua generosità, hanno il giusto risalto boschi misti disetanei di faggio, acero, cerro e castagno che, per certi versi ancora tèrsi, si stagliano nel cielo e scendono fino agli argini del fiume Alcantara, offrendo spunti per riflessioni contemplative. Qui, ai bordi di questa vetusta regia trazzera, nel comprensorio territoriale di Pietre Bianche, in agro di Randazzo, fanno da cornice veri e propri capostipiti della flora arborea presente nell’area. Uno di questi “grandi patriarchi” della vegetazione naturale presente su tutto il territorio, è il grande faggio scuro, ovvero uno splendido esemplare di faggio di almeno 500 anni di vita, vegetante in quest’area, che per la sua centenaria età potrebbe raccontare la storia antica e recente di questo vasto comprensorio, i doviziosi intrecci con le popolazioni locali, sempre presente e testimone del passaggio di tante tradizioni, culture e civiltà che hanno contraddistinto in passato queste terre che si specchiano nel fiume Alcantara. Il faggio (Fagus Sylvatica), della famiglia delle fagaceae in Sicilia ha il proprio estremo limite meridionale e occupa le quote più elevate delle stazioni presenti in Europa, riuscendo addirittura a vegetare sull’Etna sino a circa 2200 metri di altitudine. La pianta “madre” della fascia fitoclimatica del fagetum, costituisce sicuramente una delle essenze forestali caducifoglie più importanti presenti nel panorama naturalistico isolano. La corteccia è grigio-argentata, le foglie sono piccole ed ovali con margine intero a volte ondulato, di colore verde intenso dalla parte superiore e leggermente più chiaro nella pagina inferiore. Nel periodo autunnale offrono una suggestiva impressione cromatica quando prima di cadere passano, dal verde intenso al giallo e infine, al marrone.Il faggio, maestoso nella sua portanza, può raggiungere l’altezza di circa 30 metri. Il tronco in prevalenza diritto e regolare, detiene ottime caratteristiche strutturali che ne favoriscono la sua utilizzazione nei più svariati lavori. La chioma a mosaico con le foglie adulte tutte posizionate sullo stesso piano, si presenta ampia, densa e appariscente, rendendole un portamento inconfondibile. Le inflorescenze maschili sono rappresentate da “spighe penduli” tondeggianti, sostenute da lunghi peduncoli; quelle femminili da fiori racchiusi a due a due nelle ascelle delle foglie. I frutti del faggio hanno peculiarità similari ai ricci del castagno e quando a maturità si aprono, lasciano cadere dei semi, denominati “faggiole” , molto ricche di olio che si maturano in un anno .In passato il faggio veniva ceduato per farne legname da opera e utilizzato nella costruzione di arnesi da lavoro e per la realizzazione di sofisticati mobili ad intarsio. Lo stesso veniva usato come legna da ardere o trasformato in carbone vegetale.Come tantissime altre piante, il faggio è stato sempre accostato dai popoli antichi, a miti e leggende. Ad esso sono stati attribuiti anche poteri magici e per questo è stato oggetto di culto. Nella foresta di Verzy in Francia, la presenza di alcuni faggi, per la loro conformazione, inquietava il popolo, convinto di avere a che fare con creature mostruose. In Lussemburgo si pensava che il faggio fosse una pianta protetta dagli dei e quindi non poteva essere distrutta neanche dal fulmine. |
Vincenzo CRIMI |
(Commissario del Corpo Forestale) |
L’Etna e i suoi territori lavici, anche se apparentemente inerti e poco ospitali, sono elementi e aree ricche, da subito colonizzate da specie erbacee, arbustive ed anche arboree, a loro volta rifugio o cibo per diverse specie di animali.
I Nebrodi, dove i rigogliosi boschi, come veri e propri “Santuari della natura”, sono i protagonisti indiscussi della storia di questo territorio, un ambiente tutto da scoprire, da saper amare e guardare con il dovuto rispetto.
Il sistema fluviale dell’Alcantara rappresenta un connotato naturalistico che ha dell’eccezionale, ove la natura ha saputo modellare l’ambiente in modo straordinario e unico.
Un trittico di grande valore naturalistico, ovvero, la rappresentazione reale di questo intrigante territorio, che testimonia all’uomo moderno la grandezza della natura. Le peculiarità geologiche, le presenze faunistiche e botaniche, tutto contribuisce a fare di questo vasto comprensorio un ecosistema veramente raro.
Vincenzo Crimi
Il bosco “ Ragabo” o più comunemente “la pineta di Linguaglossa”, è una formazione naturale, esistente da secoli e variamente utilizzata dall’uomo. Esso è costituito prevalentemente da pino laricio che in questo lembo del vulcano, raggiunge le massime dimensioni presenti in Sicilia. “Un colonnato della natura” come definito dall’arcivescovo di Lecce Mons. RUPPI, in una recente visita sul vulcano.
Trattasi di paesaggio eterogeneo, ancora quasi integro, contrastato, sia dall’incessante azione distruttrice del vulcano, sulle cui rovine continuamente si riproducono episodi di nascita e d’insediamento della vita con le stesse leggi naturali che si ebbero al principio dei tempi allorché muschi, licheni e piante colonizzatrici ricoprirono le rocce appena raffreddate, sia dall’uomo che imprime, non sempre con armonia, i segni della sua presenza, creando a volte squilibri che contrastano violentemente con l’ambiente circostante.
Vincenzo Crimi
Il bosco Ragabo di Linguaglossa – Volume 2
I contenuti tematici descritti in questa pubblicazione risaltano gli aspetti avifaunistici, idro-geomorfologici e la rarità o unicità dei valori floristici posseduti da questo territorio. Inoltre si evidenziano le usanze locali, le funzioni del bosco collegate all’evoluzione delle moderne condizioni di vita e le tecniche selvi-colturali proposte, e spesso non attuate, ma con il preciso scopo di conservare questo patrimonio naturale alle generazioni future.
Ad esse si ricorda che il bosco è ricchezza della collettività che può essere sperperata solo con l’ignoranza e la malizia dei singoli ma che va difesa costantemente, con la forza della civile convivenza e dell’informazione, dalle insidie che la minacciano; in questo modo avrà anche un significato il sacrificio di coloro che, per la difesa dei valori ambientali, hanno dato la vita nell’adempimento del proprio dovere.
Vincenzo Crimi
LA LEGALITA’ E’ L’INDICATORE PRIMARIO CHE DISTINGUE UN POPOLO CIVILE
Al di fuori degli ordinamenti scritti dall’uomo, sono sottintese le norme che non amano i codici e che provengono direttamente dal nostro cuore che dobbiamo sapere ascoltare. Anche nel quotidiano bisogna svolgere attività per il “bene comune” per il progresso della società, accettando e comprendendo le differenze individuali, sociali e culturali, promuovendo la condivisione e assicurando affidabilità nel mantenere le promesse e gli impegni assunti.
La legalità è anche, essere leali e degni di fiducia, difendendo le proprie idee ed i valori in cui si crede, é essere responsabili nel rispettare la libertà degli altri, nel controllare il proprio comportamento e nel pensare prima di agire, facendo fino in fondo il proprio dovere, con coerenza e fedeltà, rispettando l’ambiente e i beni che ci circondano, siano essi privati o della collettività e aver stima di se stessi e delle Istituzioni.
Riconoscere ed accettare le suddette regole non è difficile e faticoso, basta comprendere che la propria libertà finisce dove comincia quella altrui.
Vincenzo Crimi